dalla rivista TIToLO - 2007
LE SCRITTURE D'ARIA di Anna Cochetti
Testi critici

Indagine intorno all' "apparire" e al "disparire": o intorno all'esercizio che - nella società dell'immagine - lo sguardo critico dell'artista pratica sull'equivocità dell'immagine come "apparenza" vs. la appercezione della "sostanza" come universo invisibile. 0 dell'appalesamento della "vana apparenza", di cui II fumo è figura e strumento non solo metaforico.
Può compendiarsi in questa cifra II percorso che Adele Lotito è venuta portando avanti con intima coerenza lungo oltre due decenni, percorso nel quale la ricerca linguistica ha dato forma al pensiero interiore volto al raggiungimento dell'essenza della realtà. E nel quale la lastra d'alluminio sta alla tela come il fumo e la resina stanno al colore: stabilendo una equipollenza tra "supporto" e "superlicie" che colloca a ricerca di Adele Lotito all'interno di una fondamentale linea novecentesca, che rinvia infine al tema della rassegna De-Forma - II superamento dell'lnformale /Dalla Percezione Pittorica alla Nuova Astrazione, a cura di Chiara Materazzo, tenutasi nell'estate scorsa nel borgo medievale di Castelbasso (TE), in cui l'artista romana e stata presente con un insieme di opere significative della sua stagione più recente (2006/2007).
Con un procedimento ossimorico, Adele Lotito ha scelto il "fumo" come elemento linguistico-semantico portatore di una valenza di disvelamento, anziché di offuscamento, all'interno di un codice che trattiene latamente la memoria segnico-gestuale di ascendenze e procedure derivanti da pratiche calcografiche, da cui sia stato tuttavia cassato, come non necessario, il gesto finale di messa in positivo dell'immagine. Opera come "procedura" e come "processo", narrazione della "trasmutazione alchemica" da materia a materia (cera/fumo).
Ne deriva un ensemble suggestivo di "opere al nero", in cui ciascuna pièce - macrosequenza di una narrazione silente che germina nell'addensarsi e dipanarsi della patina da cui emerge per fragmenta segnici I' epiphania velata/disvelata di immagini -configura un elemento autonomo ed autosufficiente, al tempo stesso in mutevole relazione dinamica con tutte le altre, in una modularita tendente aIl'infinito. E Infinito è, non immotivatamente, lopera/titolo semanticamente centrale tra quelle presentate dalI'artista nella Rassegna De-Forma.
La struttura profonda delI'opera complessiva di Adele Lotito fonda infatti in una sorta di pensiero transeunte, da intendersi come coscienza del tempo e della condizione esistenziale tout court, in cui - a partire dalla percezione del finito costituito dallo spazio chiuso coincidente con la "misura" della lastra d'alluminio, il cui "limite", dichiarato per ridondanza dalla pesante cornice di ferro, costituisce lo slancio verso l'illimitata leggerezza delle scritture d'aria - si confrontano dialetticamente una serie di coppie concettuaIi oppositive, che rimandano da ultimo, mediate da dynamis vs. stasis, all'opposizione inconciliabile di vita vs. morte.
A rileggere II percorso di ricerca di Adele Lotito muovendo dalle opere che hanno trovato una evocativa mise en scene nelle medievali strutture di Castelbasso, come Prezioso e Luna, o nei dittici Silenzio I e Silenzio 2, si evincono con evidente necessità altri nuclei tematico-formali essenziali che rafforzano quello centrale, quali il motivo del doppio, la cui specularità e oggetto di trattazione di volta in volta diversa, tra partizione biunivoca dello spazio e/o inserimento per antitesi di una materia cromatica altra come la foglia d'oro o d'argento, o la capacità di cogliere per intima intuizione la situazione di equilibrio nella differente resa dello spazio-superficie, tra il punto motore da cui si generano movimenti trasversali e le linee da cui affiorano elementi figurali.
La tensione ad abbandonare l'insostenibile pondus della condizione umana per attingere e narrare l’intinito come immateriale si decanta nei più recenti lavori su carta di Adele Lotito, nei quali la scrittura d'aria si costituisce tautologicamente come elemento linguistico e strutturale dell'opera, allo stesso modo che la parola-segno-scrittura "ARIA" trova I'equivalente gestuale-segnico nelle tracce spiraliformi che l'addensarsi e il dipanarsi del volo degli storni, assunto come equivalente semantico del fumo, imprime sul bianco.
La coscienza della bellezza e al tempo stesso della fugacità delI'equilibrio pensabile e rappresentabile coincide infine con la Iibertà come unica coscienza utopica.